TRIBUNALE PENALE DI ROVERETO Ufficio del Giudice delle indagini preliminari 1. Premessa. Con sentenza di questo GIP n. 14/103 del 15 maggio 2014, irrevocabile il 12 giugno 2014, e' stata applicata a D. F., su richiesta delle parti a norma degli art. 444 ss. c.p.p., la pena di mesi 3 e giorni 20 di arresto e di € 2.000,00 di ammenda, con la sospensione della patente per anni 2, per il reato previsto e punito dall'art. 186, comma 2 lett. c) cod. str., commesso in Rovereto il 24 dicembre 2013. Con la medesima sentenza la pena e' stata sostituita col lavoro di pubblica utilita', a norma dell'art. 186, comma 9-bis cod. str. Riguardo alla sospensione della patente in sentenza si precisa che e' stata applicata nella misura minima, a norma del terzo periodo dell'art. 186, comma 2 lett. c) cod. str., considerando che la vettura utilizzata per commettere il reato non e' suscettibile di confisca, appartenendo a persona estranea al reato. In data 4 agosto 2014 l'ente convenzionato presso il quale il lavoro di pubblica utilita' e' stato svolto (l'Azienda Pubblica di Servizi alla Persona Clementino Vannetti di Rovereto) comunicava il positivo svolgimento in data 2 agosto 2014 (cfr. relazione del 4 agosto 2014 a firma del Direttore). Veniva pertanto fissata l'udienza del 2 ottobre 2014 avanti a questo Giudice, in qualita' di Giudice dell'esecuzione, per pronunciare i provvedimenti di cui all'art. 186, comma 9-bis cod. str., quarto periodo, ossia la dichiarazione dell'estinzione del reato, la riduzione alla meta' della sanzione della sospensione della patente e la revoca della confisca del veicolo. All'udienza indicata il difensore richiedeva che la sospensione della patente fosse ridotta a mesi 6 e non ad 1 anno, considerando che la sanzione amministrativa accessoria era stata raddoppiata perche' il veicolo non era suscettibile di confisca obbligatoria, al fine di perequare il trattamento punitivo rispetto ai proprietari del veicolo utilizzato per commettere il reato che, in caso di esito positivo del lavoro di pubblica utilita', beneficiano della revoca della confisca del veicolo e, in caso di applicazione nel minimo della sospensione della patente, ottengono una riduzione da 1 anno a 6 mesi. A giustificazione della domanda ha prodotto due sentenze dibattimentali del vicino Tribunale di Trento che, nel sostituire la pena col lavoro di pubblica utilita' in casi analoghi, precisano espressamente che in caso di esito positivo la sospensione della patente verra' ridotta da 2 anni a 6 mesi (cfr. sentenze 16 settembre 2013 e 4 dicembre 2013). In via subordinata, nel caso la domanda principale non fosse accolta, il difensore sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, quarto periodo, cod. str. nella parte in cui non consente di procedere in tal senso, per violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., chiedendo ulteriormente di disporre la sospensione della sanzione accessoria della sospensione della patente, al fine di preservare l'utilita' pratica di un'eventuale pronuncia di accoglimento. Il PM si rimetteva e questo Giudice si riservava la decisione. 2. La normativa denunziata. Cio' premesso e a scioglimento della riserva, va anzitutto osservato come l'art. 186, comma 2 lett. c) cod. str. punisce con la pena principale dell'arresto da 6 mesi ad 1 anno e dell'ammenda da € 1.500,00 ad € 6.000,00 il reato di guida in stato di ebbrezza con superamento del valore alcolemico della soglia di 1,5 g/l. Per il medesimo reato sono poi previste due sanzioni amministrative accessorie che devono essere applicate con la sentenza di condanna: la confisca del veicolo col quale e' stato commesso il reato e la sospensione della patente. I limiti edittali ordinari previsti per la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente sono fissati in 1 e 2 anni (cfr. secondo periodo), ma e' espressamente previsto che la durata della sospensione della patente sia raddoppiata «se il veicolo appartiene a persona estranea al reato» (cfr. quarto periodo, introdotto dall'art. 3, comma 45 legge n. 94 del 2009) e non sia, pertanto, suscettibile di confisca (cfr. quinto periodo). In tal caso, pertanto, i limiti edittali della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente raggiungono le soglie, davvero ragguardevoli, di 2 e 4 anni, persino superiori nel limite massimo, non senza una certa contraddizione sistematica, al termine di 3 anni di preclusione per il conseguimento di una nuova patente nel caso in cui sia stata applicata la sanzione amministrativa accessoria, in teoria piu' grave, della revoca della patente a seguito alla commissione dei reati previsti dagli artt. 186, 186-bis e 187 cod. str. (cfr. art. 219, comma 3-ter cod. str., introdotto dall'art. 43 legge n. 210 del 2010). Va pero' subito osservato come l'indicata aporia sistematica sfumi nella prassi, perche' la sospensione della patente e' costantemente applicata nel minimo previsto e, pertanto, la circostanza che il veicolo non possa essere confiscato, perche' appartiene a persona estranea al reato, comporta nella generalita' dei casi una sospensione della patente per anni 2 anziche' di 1 anno, come si e' verificato nel caso di specie. Vale solo la pena di osservare come i limiti minimi edittali sopra indicati per le due ipotesi, di 1 anno e 2 anni siano inderogabili, non potendo essere ridotti ne' per il riconoscimento di circostanze attenuanti ne' per effetto di riti speciali a contenuto premiale particolarmente frequenti in questo settore (quali il decreto penale di condanna ed il c.d. patteggiamento). Cio' deriva dall'espressa qualificazione normativa della misura in parola come sanzione amministrativa accessoria, come tale insensibile alle riduzioni sopra indicate, applicabili alle sole pene in senso stretto. 3. (segue): l'interpretazione. Le Sezioni Unite penali hanno condivisibilmente sottolineato «l'importanza, riconosciuta dal legislatore nella strategia del contrasto al fenomeno del drive drinking, di sanzioni diverse da quelle tradizionali dell'arresto e dell'ammenda, spesso rese inefficaci dalla sospensione condizionale della pena o dall'accesso a sanzioni alternative», perche' «la sospensione della patente di guida, ed ancora piu' la confisca obbligatoria del veicolo (...) costituiscono, sotto il profilo general-preventivo, dei deterrenti assai efficaci e si iscrivono nella condivisibile filosofia di individuare sanzioni alternative, o, come nel caso di specie, accessorie, specifiche e strettamente connesse al reato da perseguire ed al fenomeno da contrastare» (cfr., Cass. Sez. Un. Pen., 24.02-18.06.2010, n. 23428, rv. 247042, in motivazione, § 4 alla fine). L'affermazione e' stata funzionale al riconoscimento della natura di vera e propria sanzione penale accessoria, e non di misura di sicurezza, della confisca del veicolo, nonostante l'espresso riferimento, allora esistente, all'art. 240 cpv. c.p., successivamente eliminato prima dalla sentenza n. 196 del 2010 della Corte Costituzionale (per violazione all'art. 117 Cost: e 7 della CEDU, con riferimento alla possibilita' di applicazione retroattiva che la qualificazione in termini di misura di sicurezza, accolta dal diritto allora vivente, consentiva di questa misura) e, quindi, dallo stesso legislatore mediante l'art. 33, legge n. 120 del 2010 che, almeno secondo l'interpretazione dominante, avrebbero anche qualificato espressamente la confisca del veicolo in termini innovativi, ossia come sanzione amministrativa (e non piu' penale) accessoria, mediante l'inciso «ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all'art. 224-ter», inserito alla fine dell'art. 186, comma 2 lett. c) cod. str. Ma al di la' della successiva riforma normativa, le indicazioni sopra citate delle Sezioni Unite, conservano tutta la loro attualita', essendo indiscutibile che la funzione general-preventiva, tipicamente svolta dalle pene in senso stretto, in questo particolare settore e' piuttosto affidata ad un complesso di risposte sanzionatorie in cui alle pene principali si affiancano misure di varia natura, quali in particolare la confisca del veicolo e la sospensione della patente (ovvero la revoca, nelle ipotesi previste). Non e' un caso, infatti, che le Sezioni Unite abbiano fatto espresso riferimento anche alla sospensione della patente che ha mantenuto la medesima natura di sanzione amministrativa accessoria prima e dopo la legge n. 120 del 2010. Si deve, pertanto, concludere che al di la' della qualificazione normativa e formale di sanzioni amministrative accessorie, alla confisca e alla sospensione della patente in realta' il legislatore assegna un ruolo centrale, anche sotto il profilo general-preventivo e non solo sotto il profilo di prevenzione speciale, sia perche', dotate di una sicura maggiore effettivita' rispetto alle pene principali, sottraendosi alla sospensione condizionale della pena e alle c.d. misure alternative alla detenzione (cfr. artt. 47 e ss. ord. pen.), sia perche' la loro concreta attuazione si verifica nell'immediatezza dell'accertamento del reato, attraverso le misure cautelari e provvisorie del sequestro del veicolo (art. 224-ter cod. str.) e del ritiro della patente (art. 223 cod. str.). La grande efficacia dissuasiva di queste misure e' cioe' garantita dalle caratteristiche di certezza ed immediatezza che le pene classiche in questo particolare settore non possono avere, se si vuole evitare l'aggravarsi del sovraffollamento carcerario gia' in atto. Queste loro peculiarita', rispetto alle ordinarie sanzioni amministrative accessorie, trova del resto riscontro nel fatto che si tratta di sanzioni tipicamente applicate dal giudice penale nella sentenza di condanna o provvedimenti equiparati (sentenze di patteggiamento e decreto penale) e non dall'autorita' amministrativa e per un fatto che costituisce solo reato e non per un illecito amministrativo connesso al reato, come normalmente accade nei casi in cui il giudice penale sia chiamato ad applicare anche sanzioni amministrative accessorie (cfr. artt. 20 e 24 legge n. 689 del 1981 e, nel sistema del codice della strada, artt. 220 e 224 cod. str.). Una volta che sia superata la soglia di 0,8 g/l di alcolemia il fatto e', infatti, previsto dalla legge solo come reato e non anche come illecito amministrativo, mentre sotto quella soglia sono previsti unicamente illeciti amministrativi dagli artt. 186, comma 2 lett. a) e 186-bis, commi 2 e 3 cod. str., variamente puniti, anche con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, applicata pero' dalla sola autorita' amministrativa. Il fatto che siano applicabili solo dal giudice penale, con la sentenza di condanna, come reazione ad un fatto considerato dalla legge esclusivamente come reato e che siano dotate di notevole afflittivita' in relazione a diritti fondamentali, come il diritto di proprieta' e la liberta' di movimento, puo' indurre a ritenerle ricomprese a tutti gli effetti nella nozione autonoma di pene di cui all'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, a prescindere dalla loro qualificazione formale in diritto interno come sanzione amministrative accessorie. E', infatti, ben nota la consolidata giurisprudenza convenzionale, per lo piu' sviluppatasi proprio con riferimento a provvedimenti, variamente disciplinati, di confisca, secondo la quale «per rendere efficace la tutela offerta dall'art. 7 (...)» la Corte Edu «deve essere libera di andare oltre le apparenze e valutare essa stessa se una determinata misura costituisca una pena ai sensi di' tale norma», svalutando a tal fine i parametri formali utilizzati dal diritto interno per la qualificazione in termini penali, in favore di criteri piu' sostanziali e, in una certa misura, fluidi e variabili. In particolare si e' affermato come «punto di partenza di ogni valutazione sull'esistenza di una pena consiste nello stabilire se la misura in questione sia stata irrogata in seguito ad una condanna per un reato», mentre «altri elementi possono essere ritenuti pertinenti in proposito: la natura e lo scopo della misura in contestazione (...), i procedimenti connessi alla sua adozione ed esecuzione, nonche' la sua severita'» (cfr. sentenza 9 febbraio 1995, Welch c. Regno Unito, con riferimento alla confisca prevista dal diritto inglese di ogni bene acquisito nei 6 anni precedenti la condanna per traffico di stupefacenti; analogamente piu' di recente sentenze, 30 agosto 2007 e 20 gennaio 2009, Sud Fondi c. Italia, con riferimento alla confisca prevista in caso di lottizzazione abusiva dall'art. 44 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e qualificata dall'interpretazione giurisprudenziale prevalente in termini di sanzione amministrativa accessoria). Ma al di la' di questa questione di portata generale, ai presenti fini tutto sommato non particolarmente rilevante dal momento che in questa sede non sembra vengano in considerazione le garanzie fondamentali desumibili dal principio di legalita' delle pene (in particolare l'irretroattivita' ed il principio di colpevolezza), la stretta correlazione funzionale tra queste inedite sanzioni e le pene propriamente dette, trova un ulteriore conferma normativa proprio con riferimento al comma 9-bis dell'art. 186 cod. str. (introdotto dall'art. 33 legge n. 120 del 2010), che ribadisce come il legislatore intenda in questo particolare settore affrancarsi dalle pene in senso stretto (arresto ed ammenda) per affidarsi a strumenti sanzionatori innovativi. La norma citata, infatti, prevede la possibilita' di sostituire arresto ed ammenda con una pena sostitutiva dall'innovativo contenuto, rappresentata dal lavoro di pubblica utilita' (secondo uno schema gia' sperimentato con l'art. 73, comma 5-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, introdotto con legge n. 49 del 2006) il cui esito positivo comporta rilevanti effetti premiali, quali l'estinzione del reato, la revoca della confisca e il dimezzamento della sospensione della patente, che sono alla base del successo operativo dell'istituto. Il fatto poi che il positivo svolgimento della pena sostitutiva comporti effetti premiali non solo sugli effetti della condanna propriamente intesi (estinzione del reato) ma anche sulle sanzioni amministrative accessorie (confisca e sospensione della patente) conferma come il legislatore le consideri parti integranti e qualificanti della funzione di prevenzione generale svolta dall'apparato sanzionatorio, considerato nel suo complesso, predisposto per questi reati. Le indicazioni che precedono consentono di porre in luce la ratio di fondo della norma che prevede il raddoppio della sospensione della patente nel caso in cui il veicolo non possa essere confiscato, perche' appartenente a persona estranea al reato, che nella specie ha trovato applicazione in sede di cognizione, nella sentenza di patteggiamento la cui esecuzione costituisce oggetto del presente procedimento. Infatti, e' proprio la circostanza che il legislatore abbia modulato la funzione di prevenzione generale non solo sulle pene classiche di arresto ed ammenda ma anche, e si potrebbe dire soprattutto, sulle sanzioni amministrative accessorie della confisca e della sospensione patente, che lo spinge a ricercare un'efficacia dissuasiva se non uguale perlomeno paragonabile, nell'ipotesi in cui la confisca non sia possibile per le inderogabili esigenze di tutela dei terzi estranei al reato, aumentando in modo significativo l'altra sanzione amministrativa accessoria, secondo una inedita logica di compensazione tra sanzioni di diverso contenuto. L'obiettivo del legislatore e' cioe' di mantenere una analoga efficacia dissuasiva dell'apparato sanzionatorio, considerato nel suo complesso, a prescindere dalla circostanza che il veicolo possa oppure no essere sottoposto a confisca. In tal modo si scongiura un troppo disinvolto utilizzo di veicoli non in proprieta' fondato sulla consapevolezza che, in ogni caso, non siano suscettibili di confisca obbligatoria, aggravando la sospensione del titolo autorizzativo alla guida per il responsabile. Nella medesima prospettiva, poi, il raddoppio della sospensione della patente svolge anche la funzione di impedire che la confisca del veicolo, che riveste un ruolo centrale nella strategia politico-criminale di lotta al fenomeno della guida in stato di ebbrezza, fosse troppo facilmente eludibile, attraverso lo scambio dei veicoli da guidare tra proprietari dei veicoli, in modo appunto da scongiurare la confisca del veicolo per il soggetto in stato di ebbrezza. E' bensi' vero che, in simili ipotesi, a ben vedere, la confisca del veicolo e' possibile, dimostrando che l'affido del veicolo ad un soggetto in stato di ebbrezza sia stato eseguito da parte del proprietario nella consapevolezza di questa circostanza, non potendosi qualificare in tal caso il proprietario come «persona estranea al reato», ma si tratta di rimedio subordinato all'assolvimento di un rigoroso onere probatorio a carico dell'accusa, non sempre in concreto assolvibile e, pertanto, la previsione del raddoppio della sospensione della patente a carico del conducente, svolge comunque una sua funzione in tutti i casi in cui la confisca non sia in concreto possibile, a tutela del terzo proprietario. Cio' chiarito in ordine alla norma che, in sede di giudizio di cognizione, impone il raddoppio della sospensione della patente, va subito chiarito che la norma che questo Giudice e' chiamato ad applicare, ossia l'art. 186, comma 9-bis, quarto periodo, impone in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita', «la riduzione alla meta' della sospensione della patente» in tutti i casi, assumendo come termine inderogabile dell'operazione aritmetica il periodo di sospensione della patente irrogato in sentenza, senza consentire alcun spazio di manovra, a livello interpretativo, per poter distinguere l'ipotesi in cui la sospensione della patente sia stata raddoppiata perche' il veicolo era in proprieta' di persone estranee al reato. In caso di applicazione del minimo edittale, che e' l'ipotesi che ricorre tipicamente nella prassi, cio' significa che il proprietario del veicolo responsabile del reato, oltre a beneficiare della revoca della confisca, otterra' la riduzione della sospensione della patente da 1 anno a 6 mesi, mentre il non proprietario del veicolo puo' solo ottenere la riduzione della sospensione della patente da 2 anni ad 1 anno. Con cio' si vuol chiarire come non vi sia alcuna possibilita' per poter risolvere l'indicata sperequazione punitiva in via interpretativa, come richiesto in via principale dalla difesa. Ridurre in tali casi la sospensione della patente da 2 anni a 6 mesi, come proposto nelle sentenze dal Tribunale di Trento prodotte dalla difesa, significa disapplicare la norma ritenuta incostituzionale (quella che impone in tutti i casi la riduzione alla meta') e applicarne un'altra al suo posto (quella che, in sostanza, consente la riduzione ad un quarto) che pero' il legislatore non ha mai approvato, con chiara violazione del divieto di disapplicazione della norma ritenuta incostituzionale. E' noto, infatti, che nel nostro sistema l'art. 24 legge n. 87 del 1953 vieta al Giudice, che riconosca sussistenti i presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, sia la disapplicazione che l'applicazione della norma sospetta, obbligandolo a sollevare la questione avanti alla Corte Costituzionale, quale unico soggetto istituzionalmente competente a giudicare sulla legittimita' costituzionale delle norme di legge. 4. Rilevanza. Il presupposto della rilevanza non presenta alcun profilo problematico, essendo evidente che il presente procedimento di esecuzione non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa. Secondo quanto sopra argomentato e la costante giurisprudenza di questo Tribunale, questo Giudice e' chiamato ad applicare l'art. 186, comma 9-bis, quarto periodo cod. str. che impone di dimezzare la sospensione della patente irrogata con la sentenza di condanna, senza alcun margine di discrezionalita' in via interpretativa. Cio' comporterebbe la riduzione da 2 ad 1 anno della sospensione della patente del condannato. 5. Non manifesta infondatezza. Ricorre anche l'ulteriore presupposto della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa, per contrasto col principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. In effetti, a prescindere dalle ragioni di politica criminale che stanno alla base e giustificano l'art. 186, comma 2 lett. c), terzo periodo cod. str., che impone il raddoppio della sospensione della patente in sede di condanna, nel caso non sia possibile la confisca per essere il veicolo appartenente a persona estranea al reato, una volta che vi sia stato il positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' e, pertanto, l'integrazione degli effetti premiali previsti dall'art. 186, comma 9-bis, quarto periodo e rappresentati dall'estinzione del reato, dalla revoca della confisca del veicolo e dal dimezzamento della sospensione della patente, questa rilevante differenza di trattamento punitivo, con riferimento alla sospensione della patente, tra condannati che hanno utilizzato un veicolo in proprieta' e condannati che hanno utilizzato un veicolo in proprieta' di terzi, non sembra trovare alcuna ragionevole e plausibile giustificazione. Infatti, la differenza che in sede di giudizio di cognizione puo' giustificare il raddoppio della sospensione condizionale della patente, rappresentata dalla confisca del veicolo, viene meno all'esito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita', perche' in tal caso la confisca del veicolo deve essere obbligatoriamente revocata. Non si comprende davvero perche', alla stregua della norma sospetta, un condannato che abbia utilizzato un proprio veicolo e sia stato condannato alla sanzione amministrativa accessoria nel minimo di anni 1 possa ottenere, all'esito dello svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita', la revoca della confisca e la riduzione a 6 mesi della sospensione della patente ed, invece, il condannato che abbia utilizzato un veicolo appartenente a persona estranea al reato, abbia commesso un reato di pari gravita', sia stato condannato al minimo della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di anni 2, debba accontentarsi, all'esito dello svolgimento positivo dei lavori di pubblica utilita', della riduzione della sospensione della patente ad armi 1. A giustificare questa evidente sperequazione punitiva non sembra possa argomentarsi sulla minore o maggiore gravita', oggettiva o soggettiva, tra chi commetta il reato di guida in stato di grave ebbrezza, previsto dall'art. 186, comma 2 lett. c) cod. str. utilizzando un veicolo proprio o di terzi. Identico appare, invero, il pericolo alla sicurezza della circolazione stradale, che integra l'evento giuridico del reato (offesa al bene giuridico protetto) ed identica appare anche la colpevolezza rimproverabile al responsabile. Cio' che cambia e' che in un caso e' possibile la confisca del veicolo e nell'altro no. Ma una volta che sia stata concessa la sostituzione della pena principale (arresto ed ammenda) col lavoro di pubblica utilita' e che questo sia stato svolto con esito positivo, questa differenza viene meno per effetto della stessa norma sospetta che impone la revoca della confisca del veicolo, rendendo cosi' del tutto ingiustificato il raddoppio della sospensione della patente che residua a carico del condannato non proprietario del veicolo utilizzato per commettere il reato. Ad ulteriore riscontro dell'assoluta irrazionalita' della normativa in esame, si puo' osservare come il raddoppio della sospensione della patente scatta non in tutti i casi in cui la confisca del veicolo non sia possibile per una qualsiasi ragione, ma solo quando la confisca non sia possibile perche' il veicolo utilizzato per commettere il reato appartenga a persona estranea al reato. In altri termini il proprietario del veicolo beneficia della meno afflittiva sospensione della patente da anni 1 ad anni 2, che poi potra' essere dimezzata in caso di positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita', anche quando in concreto la confisca non sia stata possibile per una qualsiasi ulteriore ragione (perche' andata completamente distrutta a seguito di un sinistro stradale imputabile a terzi, perche' non sequestrata al momento dell'accertamento del reato e venduta a terzi di buona fede, perche' rubata dopo il provvedimento di sequestro, ecc...). In queste ipotesi, peraltro non ricorrenti nel caso di specie, la sperequazione punitiva in parola e' ancora piu' evidente e macroscopica. La possibile violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. impone, pertanto, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, quarto periodo cod. str., nella parte in cui non prevede il potere del giudice dell'esecuzione o del giudice che procede, in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita', il potere di ridurre la sospensione della patente alla meta', senza tenere conto del raddoppio applicato nella sentenza di condanna (ovvero nel decreto penale di condanna ovvero nella sentenza c.d. di patteggiamento) a norma dell'art. 186, comma 2, lett. c), terzo periodo cod. str., per essere il veicolo appartenente a persona estranea al reato. Nelle ipotesi in cui la sospensione della patente sta stata applicata nel minimo di anni 2, l'accoglimento della presente questione di legittimita' costituzionale, consentirebbe di ridurre la sospensione della patente a mesi 6, come richiesto dalla difesa. Si provvede con separata ordinanza sulla richiesta di sospensione di esecuzione della sospensione della patente, avanzata dalla difesa.