TRIBUNALE PENALE DI ROVERETO 
           Ufficio del Giudice delle indagini preliminari 
 
1. Premessa. 
    Con sentenza  di  questo  GIP  n.  14/103  del  15  maggio  2014,
irrevocabile il 12 giugno 2014,  e'  stata  applicata  a  D.  F.,  su
richiesta delle parti a norma degli art. 444 ss. c.p.p., la  pena  di
mesi 3 e giorni 20 di arresto e di €  2.000,00  di  ammenda,  con  la
sospensione della patente per anni 2, per il reato previsto e  punito
dall'art. 186, comma 2 lett. c) cod. str., commesso in Rovereto il 24
dicembre 2013. 
    Con la medesima sentenza la pena e' stata sostituita  col  lavoro
di pubblica utilita', a norma dell'art. 186, comma 9-bis cod. str. 
    Riguardo alla sospensione della patente in  sentenza  si  precisa
che e' stata applicata nella misura minima, a norma del terzo periodo
dell'art. 186, comma 2  lett.  c)  cod.  str.,  considerando  che  la
vettura utilizzata per commettere il reato  non  e'  suscettibile  di
confisca, appartenendo a persona estranea al reato. 
    In data 4 agosto 2014 l'ente convenzionato  presso  il  quale  il
lavoro di pubblica utilita' e' stato svolto  (l'Azienda  Pubblica  di
Servizi alla Persona Clementino Vannetti di Rovereto)  comunicava  il
positivo svolgimento in data 2 agosto  2014  (cfr.  relazione  del  4
agosto 2014 a firma del Direttore). 
    Veniva pertanto fissata l'udienza del 2  ottobre  2014  avanti  a
questo  Giudice,  in  qualita'  di   Giudice   dell'esecuzione,   per
pronunciare i provvedimenti di cui all'art.  186,  comma  9-bis  cod.
str., quarto periodo,  ossia  la  dichiarazione  dell'estinzione  del
reato, la riduzione alla meta' della sanzione della sospensione della
patente e la revoca della confisca del veicolo. 
    All'udienza indicata il difensore richiedeva che  la  sospensione
della patente fosse ridotta a mesi 6 e non ad  1  anno,  considerando
che la  sanzione  amministrativa  accessoria  era  stata  raddoppiata
perche' il veicolo non era suscettibile di confisca obbligatoria,  al
fine di perequare il trattamento punitivo rispetto ai proprietari del
veicolo utilizzato per commettere il reato  che,  in  caso  di  esito
positivo del lavoro di pubblica utilita',  beneficiano  della  revoca
della confisca del veicolo e, in  caso  di  applicazione  nel  minimo
della sospensione della patente, ottengono una riduzione da 1 anno  a
6 mesi. A giustificazione della  domanda  ha  prodotto  due  sentenze
dibattimentali del vicino Tribunale di Trento che, nel sostituire  la
pena col lavoro di pubblica  utilita'  in  casi  analoghi,  precisano
espressamente che in caso di  esito  positivo  la  sospensione  della
patente verra' ridotta da 2 anni a 6 mesi (cfr. sentenze 16 settembre
2013 e 4 dicembre 2013). 
    In via subordinata, nel caso  la  domanda  principale  non  fosse
accolta,   il   difensore   sollevava   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, quarto periodo, cod.  str.
nella parte in cui non  consente  di  procedere  in  tal  senso,  per
violazione del principio di uguaglianza  di  cui  all'art.  3  Cost.,
chiedendo ulteriormente di disporre  la  sospensione  della  sanzione
accessoria della sospensione della patente,  al  fine  di  preservare
l'utilita' pratica di un'eventuale pronuncia di accoglimento. 
    Il PM si rimetteva e questo Giudice si riservava la decisione. 
2. La normativa denunziata. 
    Cio' premesso  e  a  scioglimento  della  riserva,  va  anzitutto
osservato come l'art. 186, comma 2 lett. c) cod. str. punisce con  la
pena principale dell'arresto da 6 mesi ad 1 anno e dell'ammenda da  €
1.500,00 ad € 6.000,00 il reato di guida in  stato  di  ebbrezza  con
superamento del valore alcolemico della soglia di 1,5 g/l. 
    Per  il  medesimo  reato   sono   poi   previste   due   sanzioni
amministrative accessorie che devono essere applicate con la sentenza
di condanna: la confisca del veicolo col quale e' stato  commesso  il
reato e la sospensione della patente. 
    I   limiti   edittali   ordinari   previsti   per   la   sanzione
amministrativa  accessoria  della  sospensione  della  patente   sono
fissati in 1 e 2 anni (cfr. secondo  periodo),  ma  e'  espressamente
previsto  che  la  durata  della  sospensione   della   patente   sia
raddoppiata «se il veicolo appartiene a persona  estranea  al  reato»
(cfr. quarto periodo, introdotto dall'art. 3, comma 45  legge  n.  94
del 2009) e non sia, pertanto, suscettibile di confisca (cfr.  quinto
periodo). 
    In  tal  caso,  pertanto,  i  limiti  edittali   della   sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente raggiungono
le soglie, davvero ragguardevoli, di 2 e 4  anni,  persino  superiori
nel limite massimo, non senza una certa  contraddizione  sistematica,
al termine di 3 anni di preclusione per il conseguimento di una nuova
patente  nel  caso  in  cui   sia   stata   applicata   la   sanzione
amministrativa accessoria, in teoria piu' grave, della  revoca  della
patente a seguito alla commissione dei  reati  previsti  dagli  artt.
186, 186-bis e 187 cod. str. (cfr. art. 219, comma 3-ter  cod.  str.,
introdotto dall'art. 43 legge n. 210 del 2010). 
    Va pero' subito  osservato  come  l'indicata  aporia  sistematica
sfumi  nella  prassi,  perche'  la  sospensione  della   patente   e'
costantemente  applicata  nel  minimo  previsto   e,   pertanto,   la
circostanza che il  veicolo  non  possa  essere  confiscato,  perche'
appartiene a persona estranea al reato,  comporta  nella  generalita'
dei casi una sospensione della patente per anni 2 anziche' di 1 anno,
come si e' verificato nel caso di specie. 
    Vale solo la pena di osservare  come  i  limiti  minimi  edittali
sopra indicati per  le  due  ipotesi,  di  1  anno  e  2  anni  siano
inderogabili, non potendo essere ridotti ne' per il riconoscimento di
circostanze attenuanti ne' per effetto di riti speciali  a  contenuto
premiale  particolarmente  frequenti  in  questo  settore  (quali  il
decreto penale di condanna ed il c.d.  patteggiamento).  Cio'  deriva
dall'espressa qualificazione normativa della misura  in  parola  come
sanzione  amministrativa  accessoria,  come  tale  insensibile   alle
riduzioni  sopra  indicate,  applicabili  alle  sole  pene  in  senso
stretto. 
3. (segue): l'interpretazione. 
    Le Sezioni  Unite  penali  hanno  condivisibilmente  sottolineato
«l'importanza,  riconosciuta  dal  legislatore  nella  strategia  del
contrasto al fenomeno del drive  drinking,  di  sanzioni  diverse  da
quelle  tradizionali  dell'arresto  e   dell'ammenda,   spesso   rese
inefficaci dalla sospensione condizionale della pena o dall'accesso a
sanzioni alternative»,  perche'  «la  sospensione  della  patente  di
guida, ed ancora piu' la  confisca  obbligatoria  del  veicolo  (...)
costituiscono, sotto il profilo  general-preventivo,  dei  deterrenti
assai efficaci  e  si  iscrivono  nella  condivisibile  filosofia  di
individuare  sanzioni  alternative,  o,  come  nel  caso  di  specie,
accessorie, specifiche e strettamente connesse al reato da perseguire
ed  al  fenomeno  da  contrastare»  (cfr.,  Cass.  Sez.   Un.   Pen.,
24.02-18.06.2010, n. 23428, rv. 247042,  in  motivazione,  §  4  alla
fine). L'affermazione e' stata  funzionale  al  riconoscimento  della
natura di vera e propria sanzione penale accessoria, e non di  misura
di sicurezza,  della  confisca  del  veicolo,  nonostante  l'espresso
riferimento,   allora   esistente,   all'art.    240    cpv.    c.p.,
successivamente eliminato prima dalla sentenza n. 196 del 2010  della
Corte Costituzionale (per violazione all'art. 117  Cost:  e  7  della
CEDU, con riferimento alla possibilita' di  applicazione  retroattiva
che la qualificazione in termini di misura di sicurezza, accolta  dal
diritto allora vivente, consentiva di questa misura) e, quindi, dallo
stesso legislatore mediante l'art. 33, legge n.  120  del  2010  che,
almeno   secondo   l'interpretazione   dominante,   avrebbero   anche
qualificato  espressamente  la  confisca  del  veicolo   in   termini
innovativi, ossia come sanzione amministrativa (e  non  piu'  penale)
accessoria, mediante l'inciso «ai fini del sequestro si applicano  le
disposizioni di cui all'art. 224-ter», inserito alla  fine  dell'art.
186, comma 2 lett. c) cod. str. 
    Ma al di la' della successiva riforma normativa,  le  indicazioni
sopra  citate  delle  Sezioni  Unite,  conservano   tutta   la   loro
attualita', essendo indiscutibile che la funzione general-preventiva,
tipicamente svolta dalle pene in senso stretto, in questo particolare
settore  e'  piuttosto  affidata  ad   un   complesso   di   risposte
sanzionatorie in cui alle pene principali  si  affiancano  misure  di
varia natura, quali in particolare  la  confisca  del  veicolo  e  la
sospensione della patente (ovvero la revoca, nelle ipotesi previste).
Non e' un caso, infatti, che le Sezioni Unite abbiano fatto  espresso
riferimento anche alla sospensione della patente che ha mantenuto  la
medesima natura di sanzione amministrativa accessoria prima e dopo la
legge n. 120 del 2010. 
    Si deve, pertanto, concludere che al di la' della  qualificazione
normativa e  formale  di  sanzioni  amministrative  accessorie,  alla
confisca e alla sospensione della patente in realta'  il  legislatore
assegna un ruolo centrale, anche sotto il profilo  general-preventivo
e non solo sotto il profilo di  prevenzione  speciale,  sia  perche',
dotate  di  una  sicura  maggiore  effettivita'  rispetto  alle  pene
principali, sottraendosi alla sospensione condizionale della  pena  e
alle c.d. misure alternative alla detenzione (cfr.  artt.  47  e  ss.
ord. pen.), sia perche'  la  loro  concreta  attuazione  si  verifica
nell'immediatezza dell'accertamento del reato, attraverso  le  misure
cautelari e provvisorie del sequestro del veicolo (art. 224-ter  cod.
str.) e del ritiro della patente (art.  223  cod.  str.).  La  grande
efficacia dissuasiva  di  queste  misure  e'  cioe'  garantita  dalle
caratteristiche di certezza ed immediatezza che le pene classiche  in
questo particolare settore non possono avere,  se  si  vuole  evitare
l'aggravarsi del sovraffollamento carcerario gia' in atto. 
    Queste  loro  peculiarita',  rispetto  alle  ordinarie   sanzioni
amministrative accessorie, trova del resto riscontro nel fatto che si
tratta di sanzioni tipicamente applicate  dal  giudice  penale  nella
sentenza  di  condanna  o  provvedimenti  equiparati   (sentenze   di
patteggiamento e decreto penale) e non dall'autorita'  amministrativa
e per un fatto che costituisce solo  reato  e  non  per  un  illecito
amministrativo connesso al reato, come normalmente accade nei casi in
cui il giudice  penale  sia  chiamato  ad  applicare  anche  sanzioni
amministrative accessorie (cfr. artt. 20 e 24 legge n. 689  del  1981
e, nel sistema del codice della strada, artt. 220 e 224 cod. str.). 
    Una volta che sia superata la soglia di 0,8 g/l di  alcolemia  il
fatto e', infatti, previsto dalla legge solo come reato e  non  anche
come  illecito  amministrativo,  mentre  sotto  quella  soglia   sono
previsti unicamente illeciti amministrativi dagli artt. 186, comma  2
lett. a) e 186-bis, commi 2 e 3 cod. str., variamente  puniti,  anche
con la sanzione amministrativa  accessoria  della  sospensione  della
patente, applicata pero' dalla sola autorita' amministrativa. 
    Il fatto che siano applicabili solo dal giudice  penale,  con  la
sentenza di condanna, come reazione ad  un  fatto  considerato  dalla
legge esclusivamente come  reato  e  che  siano  dotate  di  notevole
afflittivita' in relazione a diritti fondamentali, come il diritto di
proprieta' e la liberta'  di  movimento,  puo'  indurre  a  ritenerle
ricomprese a tutti gli effetti nella nozione autonoma di pene di  cui
all'art.  7  della  Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,  a
prescindere dalla loro qualificazione formale in diritto interno come
sanzione amministrative accessorie. 
    E',   infatti,   ben   nota   la    consolidata    giurisprudenza
convenzionale, per lo piu' sviluppatasi  proprio  con  riferimento  a
provvedimenti, variamente disciplinati, di confisca, secondo la quale
«per rendere efficace la tutela offerta dall'art. 7 (...)»  la  Corte
Edu «deve essere libera di andare oltre le apparenze e valutare  essa
stessa se una determinata misura costituisca una pena  ai  sensi  di'
tale norma», svalutando a tal fine i parametri formali utilizzati dal
diritto interno per la qualificazione in termini penali, in favore di
criteri piu' sostanziali e, in una certa misura, fluidi e  variabili.
In particolare si e'  affermato  come  «punto  di  partenza  di  ogni
valutazione sull'esistenza di una pena consiste nello stabilire se la
misura in questione sia stata irrogata in seguito ad una condanna per
un reato», mentre «altri elementi possono essere ritenuti  pertinenti
in proposito: la natura e lo  scopo  della  misura  in  contestazione
(...), i procedimenti  connessi  alla  sua  adozione  ed  esecuzione,
nonche' la sua severita'» (cfr. sentenza 9 febbraio  1995,  Welch  c.
Regno Unito, con  riferimento  alla  confisca  prevista  dal  diritto
inglese di ogni bene acquisito nei 6 anni precedenti la condanna  per
traffico di stupefacenti; analogamente piu' di recente  sentenze,  30
agosto 2007 e 20 gennaio 2009, Sud Fondi c. Italia,  con  riferimento
alla confisca prevista in caso di lottizzazione abusiva dall'art.  44
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e qualificata
dall'interpretazione  giurisprudenziale  prevalente  in  termini   di
sanzione amministrativa accessoria). 
    Ma al di la' di questa questione di portata generale, ai presenti
fini tutto sommato non particolarmente rilevante dal momento  che  in
questa  sede  non  sembra  vengano  in  considerazione  le   garanzie
fondamentali desumibili dal principio di  legalita'  delle  pene  (in
particolare l'irretroattivita' ed il principio di  colpevolezza),  la
stretta correlazione funzionale tra queste inedite sanzioni e le pene
propriamente dette, trova un ulteriore conferma normativa proprio con
riferimento al  comma  9-bis  dell'art.  186  cod.  str.  (introdotto
dall'art.  33  legge  n.  120  del  2010),  che  ribadisce  come   il
legislatore intenda in questo particolare settore  affrancarsi  dalle
pene in senso stretto (arresto ed ammenda) per affidarsi a  strumenti
sanzionatori  innovativi.  La  norma  citata,  infatti,  prevede   la
possibilita'  di  sostituire  arresto  ed  ammenda   con   una   pena
sostitutiva dall'innovativo contenuto, rappresentata  dal  lavoro  di
pubblica utilita' (secondo uno schema gia'  sperimentato  con  l'art.
73, comma 5-bis decreto del Presidente della Repubblica  n.  309  del
1990, introdotto con legge n. 49 del  2006)  il  cui  esito  positivo
comporta rilevanti effetti premiali, quali l'estinzione del reato, la
revoca della confisca  e  il  dimezzamento  della  sospensione  della
patente, che sono alla base del successo operativo dell'istituto. 
    Il fatto poi che il positivo svolgimento della  pena  sostitutiva
comporti effetti premiali  non  solo  sugli  effetti  della  condanna
propriamente intesi (estinzione del reato) ma  anche  sulle  sanzioni
amministrative accessorie  (confisca  e  sospensione  della  patente)
conferma  come  il  legislatore  le  consideri  parti  integranti   e
qualificanti  della   funzione   di   prevenzione   generale   svolta
dall'apparato   sanzionatorio,   considerato   nel   suo   complesso,
predisposto per questi reati. 
    Le indicazioni che precedono consentono di porre in luce la ratio
di fondo della norma che prevede il raddoppio della sospensione della
patente nel caso in cui  il  veicolo  non  possa  essere  confiscato,
perche' appartenente a persona estranea al reato, che nella specie ha
trovato  applicazione  in  sede  di  cognizione,  nella  sentenza  di
patteggiamento la cui esecuzione  costituisce  oggetto  del  presente
procedimento. 
    Infatti, e' proprio  la  circostanza  che  il  legislatore  abbia
modulato la funzione di prevenzione  generale  non  solo  sulle  pene
classiche di  arresto  ed  ammenda  ma  anche,  e  si  potrebbe  dire
soprattutto, sulle sanzioni amministrative accessorie della  confisca
e della sospensione patente, che lo spinge a  ricercare  un'efficacia
dissuasiva se non uguale perlomeno paragonabile, nell'ipotesi in  cui
la confisca non sia possibile per le inderogabili esigenze di  tutela
dei terzi estranei al reato, aumentando in modo significativo l'altra
sanzione amministrativa accessoria, secondo  una  inedita  logica  di
compensazione tra sanzioni di diverso contenuto. 
    L'obiettivo del legislatore e' cioe'  di  mantenere  una  analoga
efficacia dissuasiva dell'apparato sanzionatorio, considerato nel suo
complesso, a prescindere  dalla  circostanza  che  il  veicolo  possa
oppure no essere sottoposto a confisca. In tal modo si  scongiura  un
troppo disinvolto utilizzo di veicoli non in proprieta' fondato sulla
consapevolezza che, in ogni caso, non siano suscettibili di  confisca
obbligatoria, aggravando la sospensione del titolo autorizzativo alla
guida per  il  responsabile.  Nella  medesima  prospettiva,  poi,  il
raddoppio della sospensione della patente svolge anche la funzione di
impedire che la confisca del veicolo, che riveste un  ruolo  centrale
nella strategia politico-criminale di lotta al fenomeno  della  guida
in stato di ebbrezza, fosse troppo facilmente  eludibile,  attraverso
lo scambio dei veicoli da guidare tra  proprietari  dei  veicoli,  in
modo appunto da scongiurare la confisca del veicolo per  il  soggetto
in stato di ebbrezza. E' bensi' vero che, in simili  ipotesi,  a  ben
vedere,  la  confisca  del  veicolo  e'  possibile,  dimostrando  che
l'affido del veicolo ad un soggetto in stato di  ebbrezza  sia  stato
eseguito da parte del proprietario  nella  consapevolezza  di  questa
circostanza, non potendosi qualificare in tal  caso  il  proprietario
come «persona estranea al reato», ma si tratta di rimedio subordinato
all'assolvimento  di  un   rigoroso   onere   probatorio   a   carico
dell'accusa, non sempre  in  concreto  assolvibile  e,  pertanto,  la
previsione del raddoppio della sospensione della patente a carico del
conducente, svolge comunque una sua funzione in tutti i casi  in  cui
la confisca non  sia  in  concreto  possibile,  a  tutela  del  terzo
proprietario. 
    Cio' chiarito in ordine alla norma che, in sede  di  giudizio  di
cognizione, impone il raddoppio della sospensione della  patente,  va
subito chiarito che la  norma  che  questo  Giudice  e'  chiamato  ad
applicare, ossia l'art. 186, comma 9-bis, quarto periodo,  impone  in
caso di svolgimento positivo del lavoro  di  pubblica  utilita',  «la
riduzione alla meta' della sospensione  della  patente»  in  tutti  i
casi, assumendo come termine inderogabile dell'operazione  aritmetica
il periodo di sospensione della patente irrogato in  sentenza,  senza
consentire alcun spazio di manovra,  a  livello  interpretativo,  per
poter distinguere l'ipotesi in cui la sospensione della  patente  sia
stata raddoppiata perche' il veicolo era  in  proprieta'  di  persone
estranee al reato. In caso di applicazione del minimo  edittale,  che
e' l'ipotesi che ricorre tipicamente nella prassi, cio' significa che
il  proprietario  del  veicolo  responsabile  del  reato,   oltre   a
beneficiare della revoca della confisca, otterra' la riduzione  della
sospensione della  patente  da  1  anno  a  6  mesi,  mentre  il  non
proprietario del  veicolo  puo'  solo  ottenere  la  riduzione  della
sospensione della patente da 2 anni ad 1 anno. 
    Con cio' si vuol chiarire come non vi sia alcuna possibilita' per
poter   risolvere   l'indicata   sperequazione   punitiva   in    via
interpretativa, come richiesto in via principale dalla difesa. 
    Ridurre in tali casi la sospensione della patente da 2 anni  a  6
mesi, come proposto nelle sentenze dal Tribunale di  Trento  prodotte
dalla   difesa,   significa   disapplicare    la    norma    ritenuta
incostituzionale (quella che impone in tutti i casi la riduzione alla
meta') e applicarne un'altra al suo posto (quella che,  in  sostanza,
consente la riduzione ad un quarto) che pero' il legislatore  non  ha
mai approvato, con chiara violazione del divieto  di  disapplicazione
della norma ritenuta incostituzionale. 
    E' noto, infatti, che nel nostro sistema l'art. 24  legge  n.  87
del 1953 vieta al Giudice, che riconosca  sussistenti  i  presupposti
della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di
legittimita'   costituzionale,    sia    la    disapplicazione    che
l'applicazione della norma  sospetta,  obbligandolo  a  sollevare  la
questione avanti alla  Corte  Costituzionale,  quale  unico  soggetto
istituzionalmente   competente   a   giudicare   sulla   legittimita'
costituzionale delle norme di legge. 
4. Rilevanza. 
    Il  presupposto  della  rilevanza  non  presenta  alcun   profilo
problematico,  essendo  evidente  che  il  presente  procedimento  di
esecuzione  non  puo'   essere   definito   indipendentemente   dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale  sollevata
dalla  difesa.  Secondo  quanto  sopra  argomentato  e  la   costante
giurisprudenza di questo Tribunale, questo  Giudice  e'  chiamato  ad
applicare l'art. 186, comma  9-bis,  quarto  periodo  cod.  str.  che
impone di dimezzare la sospensione  della  patente  irrogata  con  la
sentenza di condanna, senza alcun margine di discrezionalita' in  via
interpretativa. Cio' comporterebbe la riduzione da 2 ad 1 anno  della
sospensione della patente del condannato. 
5. Non manifesta infondatezza. 
    Ricorre  anche  l'ulteriore  presupposto  della   non   manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata
dalla difesa, per contrasto  col  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art. 3 Cost. 
    In effetti, a prescindere dalle ragioni di politica criminale che
stanno alla base e giustificano l'art. 186, comma 2 lett.  c),  terzo
periodo cod. str., che impone il raddoppio  della  sospensione  della
patente in sede di condanna, nel caso non sia possibile  la  confisca
per essere il veicolo appartenente a persona estranea al  reato,  una
volta che vi sia stato il positivo svolgimento del lavoro di pubblica
utilita' e, pertanto, l'integrazione degli effetti premiali  previsti
dall'art.  186,  comma  9-bis,   quarto   periodo   e   rappresentati
dall'estinzione del reato, dalla revoca della confisca del veicolo  e
dal dimezzamento della sospensione della  patente,  questa  rilevante
differenza di trattamento punitivo, con riferimento alla  sospensione
della patente, tra condannati che  hanno  utilizzato  un  veicolo  in
proprieta' e condannati che hanno utilizzato un veicolo in proprieta'
di  terzi,  non  sembra  trovare  alcuna  ragionevole  e   plausibile
giustificazione. 
    Infatti, la differenza che in sede di giudizio di cognizione puo'
giustificare  il  raddoppio  della  sospensione  condizionale   della
patente,  rappresentata  dalla  confisca  del  veicolo,  viene   meno
all'esito del positivo svolgimento del lavoro di  pubblica  utilita',
perche'  in  tal  caso  la   confisca   del   veicolo   deve   essere
obbligatoriamente revocata. Non si comprende  davvero  perche',  alla
stregua della norma sospetta, un condannato che abbia  utilizzato  un
proprio veicolo e sia stato condannato alla  sanzione  amministrativa
accessoria nel minimo di  anni  1  possa  ottenere,  all'esito  dello
svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita', la revoca della
confisca e la riduzione a 6 mesi della sospensione della patente  ed,
invece, il condannato che abbia utilizzato un veicolo appartenente  a
persona estranea al reato, abbia commesso un reato di pari  gravita',
sia  stato  condannato  al  minimo  della   sanzione   amministrativa
accessoria  della  sospensione  della  patente  di  anni   2,   debba
accontentarsi, all'esito dello svolgimento  positivo  dei  lavori  di
pubblica utilita', della riduzione della sospensione della patente ad
armi 1. 
    A giustificare questa evidente sperequazione punitiva non  sembra
possa argomentarsi sulla minore  o  maggiore  gravita',  oggettiva  o
soggettiva, tra chi commetta il reato di  guida  in  stato  di  grave
ebbrezza,  previsto  dall'art.  186,  comma  2  lett.  c)  cod.  str.
utilizzando un veicolo proprio o di terzi. Identico  appare,  invero,
il pericolo alla sicurezza della circolazione stradale,  che  integra
l'evento giuridico del reato (offesa al bene giuridico  protetto)  ed
identica appare anche la colpevolezza rimproverabile al responsabile.
Cio' che cambia e' che in  un  caso  e'  possibile  la  confisca  del
veicolo e nell'altro no. Ma una  volta  che  sia  stata  concessa  la
sostituzione della pena principale (arresto ed ammenda) col lavoro di
pubblica utilita' e che questo sia stato svolto con  esito  positivo,
questa differenza viene meno per effetto della stessa norma  sospetta
che impone la revoca della confisca del veicolo, rendendo  cosi'  del
tutto ingiustificato il raddoppio della sospensione della patente che
residua  a  carico  del  condannato  non  proprietario  del   veicolo
utilizzato per commettere il reato. 
    Ad  ulteriore  riscontro   dell'assoluta   irrazionalita'   della
normativa in  esame,  si  puo'  osservare  come  il  raddoppio  della
sospensione della patente scatta non  in  tutti  i  casi  in  cui  la
confisca del veicolo non sia possibile per una qualsiasi ragione,  ma
solo  quando  la  confisca  non  sia  possibile  perche'  il  veicolo
utilizzato per commettere il reato appartenga a persona  estranea  al
reato. In altri termini il proprietario del veicolo  beneficia  della
meno afflittiva sospensione della patente da anni 1 ad  anni  2,  che
poi potra' essere dimezzata  in  caso  di  positivo  svolgimento  del
lavoro di pubblica utilita', anche quando in concreto la confisca non
sia stata possibile per  una  qualsiasi  ulteriore  ragione  (perche'
andata completamente distrutta a  seguito  di  un  sinistro  stradale
imputabile   a   terzi,   perche'   non   sequestrata   al    momento
dell'accertamento del reato e venduta a terzi di buona fede,  perche'
rubata  dopo  il  provvedimento  di  sequestro,  ecc...).  In  queste
ipotesi, peraltro non ricorrenti nel caso di specie, la sperequazione
punitiva in parola e' ancora piu' evidente e macroscopica. 
    La possibile violazione  del  principio  di  uguaglianza  di  cui
all'art. 3 Cost. impone,  pertanto,  di  sollevare  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  186,  comma  9-bis,   quarto
periodo cod. str., nella parte in  cui  non  prevede  il  potere  del
giudice dell'esecuzione  o  del  giudice  che  procede,  in  caso  di
svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita',  il  potere  di
ridurre la sospensione della patente alla meta', senza  tenere  conto
del raddoppio  applicato  nella  sentenza  di  condanna  (ovvero  nel
decreto  penale  di  condanna   ovvero   nella   sentenza   c.d.   di
patteggiamento) a norma dell'art.  186,  comma  2,  lett.  c),  terzo
periodo cod. str., per  essere  il  veicolo  appartenente  a  persona
estranea al reato. 
    Nelle ipotesi in cui  la  sospensione  della  patente  sta  stata
applicata  nel  minimo  di  anni  2,  l'accoglimento  della  presente
questione di legittimita' costituzionale, consentirebbe di ridurre la
sospensione della patente a mesi 6, come richiesto dalla difesa. 
    Si provvede con separata ordinanza sulla richiesta di sospensione
di esecuzione della sospensione della patente, avanzata dalla difesa.